"Sono contenta di aver prestato così poco ascolto ai buoni consigli.
Se li avessi ascoltati, mi sarei salvata da alcuni dei miei errori più preziosi".
Edna St. Vincent Millay

Io scrivo i testi delle canzoni con la penna su un quaderno. Alcuni rimarranno lì in eterno, e forse è un bene. Altri, come quelli di questo disco, prendono forma e suono e diventano canzoni. Alcune sono canzoni leggere, altre più impegnative, alcune parlano di me e altre parlano di persone che non ho nemmeno conosciuto. Mi stupisce sempre il fatto che, chi le ascolta, spesso ci trova qualcosa di sé. Quindi registrare un disco è come consegnare al mondo qualcosa che al mondo appartiene già.

La più grande fortuna nel realizzare questo disco è stata quella di avere la disponibilità di quattro musicisti che amo (volevo scrivere stimo, ma sarebbe stato riduttivo).
Stefano Pisetta (batteria), con cui avevo registrato il primo album, "Ti amo perché sì"; Fabio Valdemarin (piano) che da anni (in)seguo e che ho sentito suonare con Fiorella Mannoia e Angelo Branduardi; Federico Malaman (basso), di cui avevo visto dei video su internet, e già quelli...
E poi Valerio De Paola (arrangiamenti, chitarre, e svariati altri strumenti), che ormai considero un fratello, che è uno stilista d’alta moda degli arrangiamenti, che ha vestito le mie canzoni con gli abiti più adatti a ciascuna.

I lavori sono iniziati proprio con Valerio, nella cucina di casa mia: abbiamo scelto i pezzi, provato, discusso. Abbiamo riso molto. Ecco, questo disco è iniziato con delle grandi risate. Malgrado il periodo.

Poi ci siamo chiusi in teatro per due giorni con gli altri tre musicisti e abbiamo registrato il grosso, suonando tutti insieme. Dopo mesi di incertezze, date e tour cancellati, teatri chiusi poi riaperti poi richiusi poi non si sa, avevamo voglia di suonare. Insieme. Guardandoci direttamente negli occhi.
Nei mesi successivi abbiamo sovrainciso altri strumenti e cori con altri artisti, Valerio ha messo quella che lui chiama "crema", cioè altri suoni, archi, tastiere.

Il titolo del disco è anche il titolo di una canzone che ho scritto di getto, "Il coraggio di essere felici". Credo che per essere felici sia necessario fare uno sforzo, concentrare l’attenzione su quello che ci può rendere tali. Siamo naturalmente portati a dedicare gran parte delle nostre energie a quello che non va, quello che non sappiamo o non possiamo fare. Ma quante sono invece tutte le piccole e grandi ricchezze che possediamo, i talenti, le capacità, le esperienze, le possibilità? Mettere a frutto i talenti, mettere in moto la creatività, coltivare i propri interessi e giocarsi le possibilità, pur correndo il rischio di commettere errori e collezionare sconfitte e insuccessi, sono degli ottimi metodi per andare incontro alla felicità. O, almeno, funzionano per me. E gli errori, come dice la poetessa Edna St. Vincent Millay, possono rivelarsi preziosi.

Tra le persone che non ho menzionato nei ringraziamenti di questo disco ci sono i miei genitori, che hanno il difetto di non avermi mai incoraggiato a coltivare la musica e il teatro. Ma hanno il pregio di non avermi mai ostacolato, e questo mi ha permesso di trovare la mia strada, le mie strade.